TARTUFO E FRODI Comparto sotto attacco

18 Dic , 2024 - news

TARTUFO E FRODI Comparto sotto attacco

Un comparto strategico quello del tartufo, che se sviluppato correttamente, può creare opportunità nelle zone collinari e di montagna spesso svantaggiate e sempre più a rischio spopolamento e dissesto idrogeologico.

Il tartufo non ha solo un alto valore economico ma anche sociale. Infatti alcune specie di questo fungo ipogeo possono essere coltivate anche ad altitudini elevate e in zone marginali contribuendo alla salvaguardia del patrimonio boschivo. Un patrimonio che può essere così gestito, conservato e portato a reddito con iniziative legate alla produzione e al turismo. E in Piemonte terra di tartufo bianco di Alba, questa cosa sembra non essere passata inosservata. Diverse sono le iniziative messe in campo per lo sviluppo della tartuficoltura in questi ultimi anni a dimostrazione del crescente interesse. Destagionalizzare, sembra la parola d’ordine del momento, puntando su “nuove” specie da produrre e promuovere per il territorio piemontese.  L’ultimo progetto messo in campo riguarda Murisengo, dove si terrà a giugno il primo mercato estivo del tartufo nero (specie prodotta da diversi anni in Italia centrale con buoni risultati e un numero crescente di nuovi impianti).

Simbolo della tradizione gastronomica italiana, il tartufo è però minacciato dalle frodi alimentari, che sfruttano nomi e simboli per vendere prodotti non autentici con l’utilizzo di denominazioni come Tartufo Italiano”, “Tartufo di Alba”.

Questi prodotti provenienti da Paesi come Cina, Iraq, Romania, (solo per citarne alcuni) danneggiano l’economia italiana e compromettono la reputazione del tartufo.

Salse e condimenti, spesso contengono quantità minime del pregiato fungo ipogeo e un’alta percentuale di aromi chimici.

La commercializzazione di tartufi freschi che vengono immessi sul mercato come prodotto italiano possono danneggiare la reputazione del Made in Italy e sottrarre quote di mercato. Il rischio è che vengano importati tartufi immaturi e privi di aroma o addirittura contaminati e pericolosi per la salute. Anche la commercializzazione di specie non autoctone (come il Tuber indicum, prodotto in Cina e che sta facendo capolino su gruppi specializzati nella compravendita di tartufi su facebook) simili nell’aspetto ma differenti negli aromi, possono allontanare il consumatore sia in Italia che all’estero.

La situazione richiede un controllo rigoroso sulla filiera, con focus su specie, provenienza e sulla qualità.

È essenziale migliorare la tracciabilità che a oggi in Italia viene pressoché disattesa; contrastare le frodi e preservare il prodotto italiano per garantire un futuro sostenibile, proteggendo questa eccellenza sempre più apprezzata in Italia e nel mondo.


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